giovedì, Novembre 21, 2024

“Le novità per la contrattazione di istituto del CCNL 19-21”

Rino Capasso

Premessa

Le novità per la contrattazione non sono molte, ma quasi tutte di tipo restrittivo, per cui traccerò anche un quadro complessivo delle relazioni sindacali a livello di istituzione scolastica e richiamerò le caratteristiche principali di un esempio di contratto Cobas.

In tema di relazioni sindacali, il CCNL 19/21 opera un’abrogazione per rinnovazione di materia, cioè elimina e sostituisce tutta la normativa contrattuale precedente sul tema, mentre per altri argomenti abroga solo le norme contrattuali esplicitamente richiamate, mantenendo in vigore le altre. Risulta, quindi, particolarmente utile l’opuscolo Cobas, in cui per ogni argomento vi sono sia le nuove norme che le vecchie rimaste in vigore e a pag. 202 un elenco delle norme esplicitamente abrogate.

Il CCNL riguarda tutto il comparto “Istruzione e ricerca”, per cui vi è una parte generale e delle sezioni specifiche per i diversi settori (scuola, università e ricerca..). Farò riferimento alla parte generale (artt. 4-9 e 10-16) e alle norme specifiche per la scuola riguardanti le relazioni sindacali (artt. 30-31 e altri).

Quadro generale: come è noto, le relazioni sindacali a livello di istituzione scolastica si articolano in partecipazione e contrattazione. La partecipazione a sua volta si divide in informazione, confronto e organismi paritetici di innovazione (che tralascio in questa sede).

Informazione (artt. 5 e 30 c.9)

L’informazione deve essere fornita in modo preventivo (cioè prima di adottare i relativi provvedimenti, per esempio prima di inviare la richiesta di organico e classi all’ USR) o successiva, come quella relativa all’uso delle risorse, che va resa, però, in tempo utile per l’avvio della contrattazione dell’anno successivo. Deve avere forma scritta e il contratto integrativo può prevedere che vi siano appositi incontri, dato che su tutte le materie oggetto di informazione la RSU ha un potere di interlocuzione sindacale, cioè può chiedere chiarimenti, esprimere pareri, fare proposte alternative ed esercitare la propria azione sindacale (lettere aperte, comunicati stampa fino a forme di mobilitazione). “Deve essere resa nei tempi, nei modi e nei contenuti atti a consentire ai soggetti sindacali (..) di procedere a una valutazione approfondita del potenziale impatto delle misure da adottare ed esprimere osservazioni e proposte” (art. 10 c.3). Nella scuola il termine per l’informazione su tutte le materie oggetto di confronto e di contrattazione è il 10 settembre (c. 7), costituendo “presupposto per la loro attivazione” (c.4), ma il termine non viene quasi mai rispettato. Altre materie oggetto di informazione (art.30 c. 10) sono le proposte di formazione classi e organico, “i criteri di attuazione dei progetti nazionali ed europei”, “i dati relativi all’utilizzo delle risorse del fondo per il MOF, precisando per ciascuna delle attività retribuite, l’importo erogato, il numero dei lavoratori coinvolti…”, ma “fermo restando che, in ogni caso, non deve essere possibile associare il compenso al nominativo del lavoratore che lo ha percepito.”. Quest’ultima precisazione è una novità negativa: in 23 anni di attività delle RSU in molte scuole eravamo riusciti ad ottenere un’informazione completa sull’uso delle risorse, con relativa pubblicazione interna alla scuola, usando sia leggi generali sulla trasparenza che norme contrattuali simili al comma 4, che in buona sostanza implica che sapere quello che è accaduto in passato è indispensabile alle RSU per articolare una posizione contrattuale. In particolare, serve conoscere l’insieme dei compensi percepiti da ogni lavoratore sia dal FIS che da altri fondi (alle superiori il grosso dei compensi arriva da progetti extra FIS), per avere dati sul grado di concentrazione/distribuzione delle risorse. Ora con la complicità delle OO.SS. firmatarie del CCNL (Cgil, Cisl, Snals, Gilda e Anief) si taglia la testa al toro sacrificando trasparenza e efficacia dell’azione sindacale ad un uso strumentale della tutela della privacy.

Ma si può cercare di ottenere comunque dei dati, sottolineando che, come si desume dallo stesso CCNL ai c. 5-7 dell’art. 5, un presupposto per la contrattazione è la conoscenza del grado di concentrazione della destinazione delle risorse per poter esercitare le prerogative sindacali, pur garantendo l’anonimato. Per esempio, si possono usare dei numeri progressivi invece dei nominativi o chiedere che venga fornito un indice del grado di concentrazione, differenziato per Ata e docenti: quale percentuale delle risorse è andato al 20% del personale più remunerato, quale al 50% intermedio e quale al 20% meno remunerato.

Altra norma peggiorativa è l’art.5 c.5: sono oggetto di sola informazione gli atti di organizzazione degli uffici, ivi incluso il piano triennale dei fabbisogni di personale e la gestione del rapporto di lavoro e organizzativo, anche se deve essere resa almeno 5 giorni lavorativi prima dell’adozione degli atti. E’ stata così recepita dal contratto la riforma Brunetta, contro la cui applicazione la stessa Cgil, insieme ai Cobas di Lucca, fece ricorso fino in Cassazione. Per cui, importanti materie, che una volta erano oggetto di contrattazione, ora sono escluse anche dal confronto, ma come vedremo anche qui si può cercare di farle rientrare in parte dalla finestra.

Confronto (artt. 6 e 30 c.9)

Il confronto si articola in tre fasi: invio delle informazioni entro il 10 settembre; incontri se vi è entro 5 giorni una richiesta dei soggetti sindacali, la cui durata non dovrebbe superare i 10 gg (riduzione drastica dei tempi del confronto, il cui obiettivo è ridurne la portata, ma come per quello del 10 settembre tale termine non è da considerarsi prescrittivo, ma indicativo); redazione di “una sintesi dei lavori e delle posizioni emerse”. Quest’ultimo è il grimaldello per cercare di ampliare la portata del confronto: non è obbligatorio arrivare ad un accordo come per la contrattazione, ma è possibile e auspicabile se si prendono sul serio “i principi di responsabilità, correttezza, buona fede e trasparenza”, nonché l’orientamento “alla prevenzione dei conflitti”, che dovrebbero ispirare tutte le relazioni sindacali in base all’art.9. L’esito può essere: un accordo che avrebbe la stessa efficacia del contratto; la registrazione del disaccordo, su cui si può agire sindacalmente. In molti contratti, la prassi dei DS è di citare soltanto le materie oggetto di confronto senza farlo effettivamente, al massimo limitandosi all’invio di informazioni, spesso generiche. Invece, il confronto bisogna farlo in appositi incontri: la contrattazione può prevedere che essi siano concordati e svolti automaticamente senza un’apposita richiesta. In altre scuole, grazie alla presenza di RSU Cobas combattive e capaci di creare consenso, il confronto si conclude da anni in accordi, che hanno una valenza triennale come la parte normativa del contratto e che sono validi comunque fino alla stipulazione degli accordi successivi.

Tra le novità negative troviamo il declassamento da contrattazione a confronto dei criteri di individuazione del personale Ata a cui attribuire incarichi specifici (art. 54 c.3). La linea Cobas è sempre stata che vadano attribuiti a tutte le unità che non godono della posizione economica e che i lavoratori appartenenti allo stesso profilo vanno retribuiti in maniera uguale, salvo chiare differenze nella gravosità dell’impegno riconosciute in sede di assemblea sindacale. Tutto ciò sfruttando la normativa che fin qui vietava l’attribuzione a chi gode della posizione economica in busta paga; ora il comma 4 sembra sfumare per i collaboratori scolastici tale divieto, parlando di possibilità di “prevedere che per il personale titolare di posizione economica l’indennità (..) sia assorbita, in tutto o in parte, fino a concorrenza del valore della posizione economica in godimento”, cioè che possano percepire la somma eccedente quanto già percepiscono in busta paga. Ma, in ogni caso, si potrà fare solo quando sarà definito il contratto integrativo nazionale, che dovrà prevedere anche la definizione dei criteri di determinazione dei compensi con un’ulteriore restrizione della discrezionalità della contrattazione di istituto.

Un’altra novità del confronto riguarda i criteri generali delle modalità attuative del lavoro agile e del lavoro da remoto nonché i criteri di priorità per l’accesso agli stessi”, che riguardano solo gli assistenti amministrativi e tecnici. In base agli artt. dal 10 al 16, il lavoro agile è organizzato per fasi, cicli e obiettivi da raggiungere, uso di dispositivi propri, senza vincoli di tempo e di luogo. Il lavoro da remoto prevede, invece, un luogo determinato da concordare, un orario di lavoro e dispositivi forniti dall’amministrazione; si usa quando vi è bisogno di un controllo costante e di requisiti tecnologici particolari. Entrambi si possono usare anche solo per una parte dell’orario di lavoro e solo per le attività decise dal DS; vi è bisogno del consenso del lavoratore e della stipulazione di un accordo individuale, va garantita l’uguaglianza con i lavoratori in presenza. Vanno previste (art.14): una fascia di contattabilità (non superiore all’orario medio giornaliero!), al di fuori della quale va garantito il diritto alla disconnessione, per cui “non sono richiesti i contatti con i colleghi o con il dirigente per lo svolgimento della prestazione lavorativa, la lettura delle e-mail, la risposta alle telefonate e ai messaggi, l’accesso e la connessione al sistema informativo dell’amministrazione” (c.6); una fascia di inoperabilità, comprensiva del periodo di 11 ore di riposo continuativo, in cui non si possono chiedere prestazioni lavorative. Si tratta di una prassi da disincentivare (salvo bisogni particolari del lavoratore) perché, nonostante qualche garanzia, salta la distinzione tra tempo di lavoro e tempo libero e il lavoratore è comunque responsabile della tutela di salute e sicurezza e della riservatezza, difficile da garantire in ambito familiare. Tra i criteri di attuazione si può prevedere che la fascia di contattabilità sia non superiore alle ore non svolte in presenza e quella di inoperabilità sia corrispondente a tutte le altre ore. Per esempio, se l’accordo prevede 18 ore in presenza e 18 a distanza la fascia di contattabilità può essere di 18 ore e quella di inoperabilità pari a tutte le altre ore settimanali meno quelle svolte in presenza. Tra i criteri di accesso si può prevedere la priorità per chi ha particolari bisogni: lontananza dell’abitazione, familiari da accudire, famiglia numerosa, problemi di salute…

A tal proposito è opportuno ricordare che l’art. 44 c. 6 prevede che le riunioni per collegi, consigli di classe e per le due ore di programmazione nella primaria possono svolgersi a distanza solo se non si deve deliberare e se lo prevede il regolamento di istituto; mentre per le delibere di collegi e CdC si potrà prevedere lo svolgimento a distanza solo quando il MIM definirà i criteri, previo confronto sindacale nazionale. Per cui, quelle scuole che continuano a svolgere collegi e CdC a distanza operano in modo illegale.    

Tra le materie che già erano oggetto di confronto troviamo l’articolazione dell’orario, in cui si può far rientrare, per i docenti, un richiamo alle richieste di ferie durante le attività didattiche (artt. 13 e 15 del CCNL 2006-09, per cui di fatto i docenti hanno diritto a 9 gg per motivi personali o familiari anche autocertificati, senza bisogno di cercarsi i sostituti e anche con oneri per l’amministrazione), a cui si può aggiungere che tale diritto “prescinde da qualsiasi valutazione discrezionale di merito sulla validità dei motivi. In caso di motivazioni attinenti a dati sensibili per la tutela della privacy, il dipendente può indicarli in forma generica e/o riservata, indirizzata esclusivamente al Dirigente scolastico.”; va ricordato, inoltre, che una delle poche novità positive del CCNL 19-21 è l’estensione ai docenti precari del diritto “a tre giorni di permesso per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione” (art.35 c.12), ma siccome alcune scuole di fatto non lo riconoscono è bene richiamarlo negli esiti del confronto. E’ opportuno anche regolamentare l’orario dei docenti di potenziamento, ribadendo che essi hanno diritto ad un orario annuale, modificabile solo previo consenso e con preavviso e che è possibile dividere tali ore tra più docenti della stessa classe di concorso, in modo da coinvolgere tutti nell’attività in classe. Andrebbe sancito anche il diritto alla libera fruizione delle ferie, cioè che il docente deve avere un arco di tempo in cui scegliere la collocazione, di cui il collegio alle superiori deve tener conto nella programmazione delle prove di recupero per gli alunni sospesi. Va regolamentata anche la partecipazione alle attività funzionali dei docenti in part time o che lavorano su più scuole, che deve seguire il principio di proporzionalità (salvo che per i collegi, in base all’ordinanza n. 7320/2019 della Cassazione). Si può prevedere anche il principio di un’equa distribuzione delle prime e ultime ore di lezione. Infine, visto il moltiplicarsi degli impegni pomeridiani, si può fissare anche per i docenti a 9 ore giornaliere il limite massimo previsto dal CCNL solo per gli Ata, con le relative pause.

Per l’articolazione dell’orario e del conferimento degli incarichi per gli Ata (che non è più materia di contrattazione), oltre a prevedere un’equa ripartizione dei carichi di lavoro, si può regolamentare: la suddivisione dei compiti in caso di assenze dei collaboratori fino a 7gg (richiamando la Nota Miur del 30.9 2015 che prevede la possibilità di nominare anche per assenze inferiori se non sono garantiti sicurezza, assistenza agli alunni con disabilità e diritto allo studio); la regolamentazione dei recuperi degli straordinari o del relativo pagamento; le ferie che possono essere fruite durante tutto l’anno scolastico. Tra i criteri per l’individuazione del personale Ata da usare per le attività retribuite per il FIS si può prevedere il più ampio coinvolgimento possibile delle varie unità.

Per i criteri di assegnazione alle sedi vanno previsti criteri oggettivi che riducano la discrezionalità del DS: prioritariamente il criterio della continuità sulla singola sede; il criterio dell’anzianità di servizio in base alla graduatoria di istituto quando si liberano dei posti su cui vi sono più domande o anche quando si perdono posti. Per i criteri di fruizione del diritto alla formazione può essere previsto che essi si applicano solo quando i docenti che chiedono la partecipazione nello stesso giorno superano una determinata soglia, per esempio il 20%, mentre per gli Ata può essere sufficiente la determinazione della soglia minima di personale che deve garantire i servizi indifferibili.

Per la prevenzione dello stress da lavoro correlato e del burn out si può prevedere il divieto di riprese o registrazioni da parte degli studenti senza l’autorizzazione dei docenti, il rispetto del principio del contradditorio in caso di lamentele da parte di studenti e genitori e, in ogni caso, che le richieste da parte di studenti o genitori non possono costituire l’unica motivazione per non assegnare un docente ad una classe o sede o alunno H o un lavoratore Ata ad una determinata mansione, postazione o sede. Anche la regolamentazione pattizia dei criteri di assegnazione alle classi, nel rispetto delle delibere degli organi collegiali, può essere una forma di prevenzione del burn out. Infine, per gli Ata si può usare la loro piena partecipazione alla comunità educante prevista dal CCNL per rivendicare forme di collegialità Ata: in primis con l’assemblea di inizio anno per esprimere orientamenti relativi al Piano delle attività, ma anche prevedendo la convocazione da parte del DSGA di assemblee in orario di servizio tutte le volte che ne faccia richiesta un terzo del personale per discutere di problemi organizzativi o relazionali o collegati all’uso di nuove tecnologie. Entrambe con la partecipazione delle Rsu per garantire la libertà di espressione in presenza di un superiore gerarchico.

Contrattazione (artt. 8 e 30 c.4 lett. c)

La principale novità tra le materie oggetto di contrattazione riguarda “i criteri di utilizzo delle risorse finanziarie e la determinazione della misura dei compensi” per orientatore e tutor, che vanno definiti nell’ambito della fascia che va dai 1500 ai 2000 euro LS per il primo e da 2850 a 4750 euro LS per i secondi. E’ nota la posizione Cobas decisamente contraria all’introduzione di queste figure che, insieme ai docenti incentivati una tantum e a quelli stabilmente incentivati, determinano un ulteriore salto di qualità in pejus verso l’aziendalizzazione della scuola, la gerarchizzazione dei docenti e la differenziazione retributiva, spesso per svolgere attività poco impegnative e/o invasive delle competenze dei consigli di classe e della libertà di insegnamento. E’ un chiaro segnale politico il fatto che le risorse destinate a una 15ina di docenti siano spesso quasi uguali alla quota docenti del FIS destinate a tutti i docenti. Per cui, la ns proposta è di non firmare questa parte del contratto, ma solo il resto o, in alternativa, firmare tutto il contratto allegando una dichiarazione di dissenso relativamente agli articoli su tutor e orientatore.

Unica novità che sembra ampliare le prerogative delle RSU è la contrattazione dei “criteri generali per gli interventi rivolti alla prevenzione ed alla sicurezza nei luoghi di lavoro”, formula che sembra più ampia dell’attuazione della normativa, prevista dal CCNL 16-18 e che può essere usata per cercare di far rientrare la prevenzione del burn out e dello stress da lavoro correlato negli interventi rivolti alla prevenzione e alla sicurezza, facendo leva sul fatto che quella riferita ai docenti è una delle malattie professionali più diffuse. In tal caso, diverrebbe oggetto anche di contrattazione e non solo di confronto. Mentre la contrattazione del “personale tenuto ad assicurare i servizi essenziali relativi alla vigilanza agli ingressi alla scuola e ad altre attività indifferibili coincidenti con l’assemblea sindacale” rientrava già nella prassi della contrattazione delle relazioni sindacali, di cui tutta la parte relativa all’attuazione della regolamentazione del diritto di sciopero è stata scippata dalle competenze delle RSU e riservata alle OO.SS. firmatarie dell’Accordo del 2.12. 2020, come conferma il comma 5 dell’art. 30 del CCNL.

Infine, per quel che riguarda le materie tradizionali oggetto di contrattazione, si accennerà brevemente di seguito ad alcuni orientamenti tipici di alcuni contratti firmati da RSU Cobas relativi alla parte economica. Va ribadito che, in base all’art. 1 c.249 L. n. 1/2019 i fondi del bonus docenti di renziana memoria sono da destinare a tutto il personale, inclusi gli Ata, senza vincolo di destinazione, quindi vanno respinti i tentativi dei dirigenti di far rientrare la differenziazione in base al presunto merito, con annessa discrezionalità e potere degli stessi DS.

E’ preferibile prevedere che la ripartizione tra Ata e docenti sia fatta in proporzione all’organico di fatto, prevedendo delle percentuali di aggiustamento a favore degli Ata, che non godono della Carta docenti e hanno una carenza di organico maggiore.

Per i docenti è preferibile retribuire di più quelle attività che coinvolgono il maggior numero di docenti e che vengono in genere riconosciute come effettivamente utili, come i coordinatori di classe. E’ soprattutto importante utilizzare la flessibilità didattica organizzativa prevista dall’art. 88 del CCNL 2006-9, confermato dalla lett. a del c.7 dell’art. 78 del CCNL 19-21, per ripartire in modo più ugualitario possibile il FIS.  Come prevedevano alcuni contratti dei primi anni 2000, si può sostenere che tutti i docenti sono flessibili per le caratteristiche strutturali del loro lavoro (impegno mattutino in classe   e impegno pomeridiano per le attività funzionali con orari variabili, corsi di recupero, commissioni…) e, quindi, retribuire tale flessibilità con la ripartizione ugualitaria di una quota significativa (almeno il 10%) del FIS destinato ai docenti. Oggi questa posizione passa più difficilmente, per cui si può prevedere (come fanno alcuni contratti in vigore) un’ampia gamma di attività flessibili che coinvolgano di fatto tutti i docenti e retribuirli con una quota uguale ricavata dalla divisione della somma destinata alla flessibilità tra il numero dei docenti coinvolti. Per vincere le resistenze dei DS si può anche prevedere, come ulteriore forma di mediazione, che chi svolge un numero maggiore di tre di attività flessibili riceva una quota maggiorata.

Per gli Ata il riferimento principale è all’intensificazione prevista dall’art.88 lett. e del CCNL 1006-9. In un’ottica egualitaria si può prevedere che la ripartizione della quota Ata sia fatta in proporzione all’organico di fatto dei diversi profili e la ripartizione interna ai profili preveda:

  • una quota uguale (in qualche scuola è arrivata fino al 90% dei fondi) per tutti per l’intensificazione generalizzata dovuta alle carenze strutturali di organico rispetto al reale fabbisogno, all’aumento dei carichi di lavoro dovuto al trasferimento di competenze dai vecchi provveditorati alle segreterie amministrative, all’aumento delle dimensioni delle scuole con sempre più numerosi plessi o indirizzi di studio…;
  • una quota che retribuisca la particolare intensificazione per attività generalmente riconosciute come più impegnative dall’assemblea sindacale dei lavoratori, come per esempio il maggior carico del lavoro di pulizia per i collaboratori laddove vi sono colleghi esonerati per i benefici della L. 104;
  • per i collaboratori scolastici una quota per l’aggravio di lavoro per la sostituzione di colleghi assenti quando nei primi 7 giorni non vengono nominati supplenti.

Vanno, infine, respinti i tentativi di inserire formule mutuate dai contratti ANP, che prevedono la valutazione della qualità del lavoro o del grado di raggiungimento dei risultati, lasciando addirittura al DS anche la determinazione unilaterale della parte dei compensi previsti da erogare in caso di mancato raggiungimento.

Le motivazioni che si possono usare a sostegno delle posizioni ugualitarie dei Cobas sono svariate: i fondi del FIS non sono aggiuntivi, ma sottratti allo stanziamento per lo stipendio base; contrariamente alla vulgata aziendalista in auge si lavora meglio e con più efficacia se vi è collaborazione e cooperazione e non un clima stressante di competizione e sospetto. L’insegnamento, in particolare, richiede collegialità effettiva e cooperazione e non competizione e gerarchizzazione tra i docenti. Infine, se bisogna differenziare in base al merito e alla qualità del lavoro si dà inevitabilmente potere a chi dovrà valutare, cioè a DS e DSGA, con criteri inevitabilmente discrezionali. Nello scenario peggiore questo significa che sarà valutato meglio chi è più accondiscendente o servile, con annessi lobbysmo e favoritismi. Ma anche scartando tale ipotesi, il docente medio che deve essere valutato tenderà inevitabilmente ad assumere posizioni simili a quelle del valutatore, che magari fa parte dello stesso collegio, consiglio di classe o d’istituto e ciò ridurrebbe drasticamente il pluralismo didattico-educativo, la libertà di insegnamento e la stessa democrazia collegiale, che costituiscono il sale del modello di scuola pubblica previsto dalla Costituzione.                                                 

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