sabato, Dicembre 21, 2024

Il concorso precari: cambiare tutto per lasciare ogni cosa com’è.

Il 9 gennaio 2024 si sono chiuse le iscrizioni per il primo concorso della nuova modalità di reclutamento docenti riservato a chi ha i seguenti requisiti: possiede i 24 CFU oppure ha svolto almeno 3 anni di servizio oppure ha già l’abilitazione all’insegnamento. Questa procedura fa parte della fase transitoria della riforma entrata in vigore con la legge 79/2022, riforma che dovrebbe andare a regime nel 2025 quando le prove saranno accessibili solo a chi possiede già l’abilitazione e/o ai/alle non abilitati/e con almeno 3 anni di servizio. È interessante notare come questo primo appuntamento della fase transitoria venga spesso definito “straordinario ter”, suggerendo l’idea di un bando rivolto soprattutto a chi è precario/a. Ma è davvero così? Parliamone.

Numeri e costi

Per questo concorso, che si svolgerà nei prossimi mesi, secondo le ultime disposizioni legislative[1], i posti messi a bando sono 44.654, ripartiti tra posti comuni e posti di sostegno e suddivisi tra scuola dell’infanzia (2.010), scuola primaria (13.330) e scuola secondaria (29.314). Il 30% di questi posti è riservato a coloro che supereranno le prove soddisfacendo il requisito dei tre anni di servizio. Ciò vuol dire che almeno 13.000 precari/e entreranno nel percorso di reclutamento. Tuttavia quest’anno sono state assegnate circa 234.000 supplenze[2], una quantità anche maggiore rispetto agli anni precedenti, ovvero più del 25% del corpo docente in Italia. Sono numeri che parlano da soli e dimostrano in modo evidente che anche questa procedura non sarà altro che un palliativo e non riuscirà minimamente a scalfire lo status quo del precariato della scuola. Ma non è solo un problema di numeri. 

Il quadro generale, infatti, è il seguente: chi vince il concorso, (verosimilmente) a settembre 2024 dovrebbe iniziare un anno a tempo determinato in cui, oltre a lavorare, dovrà conseguire l’abilitazione all’insegnamento tramite un corso universitario da 30/36 CFU. Il corso prevede lo studio di materie come pedagogia, psicologia e metodologia didattica, oltre che delle ore di tirocinio. Questa abilitazione sarà totalmente a carico delle persone vincitrici. Costo: 2.000 euro. Conseguita l’abilitazione, a settembre 2025, parte l’anno di prova. Chi vince il concorso, in sostanza, vince il diritto ad abilitarsi, previo pagamento. Chi vi partecipa, quindi, deve essere già pronto/a a spendere almeno 2.000 euro per proseguire il percorso di reclutamento. 

Modalità di svolgimento

E gli aspetti critici non finiscono qui, anzi aumentano se prendiamo in considerazione la modalità stessa di svolgimento delle prove. Partiamo dalla prova scritta: si tratta di un quiz a scelta multipla computer-based sugli ambiti della pedagogia, della psico-pedagogia, della metodologia didattica e della valutazione, oltre che sulle competenze digitali e sulla conoscenza della lingua inglese di livello B1. Insomma, questa prova richiede una preparazione sulle stesse materie che poi saranno oggetto di studio per il conseguimento dell’abilitazione dopo aver vinto il concorso. Inoltre, abbiamo già visto com’è andata negli ultimi anni con le prove a quiz computer-based: tante domande sbagliate, tante bocciature, tanti posti rimasti vacanti. È incredibile che la selezione di chi dovrà andare in classe a insegnare continui a basarsi, ormai dal 2020, su una modalità di esame che richiede soltanto lo studio a memoria di nozioni: si tratta di una presunta verifica oggettiva che in realtà è una prova preselettiva camuffata e serve solo per scremare in ingresso e in modo indiscriminato chi è precario/a, a prescindere dagli anni di servizio svolti.

Poi c’è la prova orale di 45 minuti, divisa in due parti. In una di queste parti il /la candidato/a dovrà simulare una lezione su un argomento estratto a sorte 24 ore prima; nell’altra il /la candidato/a dovrà rispondere ad alcune domande estratte a sorte la mattina stessa. Se la preparazione di una lezione simulata può risultare pertinente a valutare il lavoro di insegnante, l’estrazione di domande casuali contiene un elemento di imprevedibilità che sembra più consono a un quiz televisivo piuttosto che a un processo di reclutamento docenti. Due prove, due quiz-show, con la differenza che, se tutto va bene, chi passa tutte le prove non vince niente: anzi, paga 2.000 euro. 

La modalità quiz rende la selezione sempre più aleatoria e, ancora una volta, è sempre meno importante il riconoscimento degli anni di servizio svolto. A proposito di questo, supponiamo per un attimo che tutto vada bene e un/a precario/a arrivi fino in fondo. Prima della graduatoria di merito c’è la valutazione dei titoli. Qui i numeri sono veramente spietati. Un anno di servizio vale 2 punti mentre, per esempio, un assegno di ricerca vale 12,5 punti. In altre parole: un assegno di ricerca vale come 6 anni e mezzo di precariato. 

Possibilità di partecipare

A tutto ciò si aggiunge un’ulteriore questione per chi sta lavorando ora a scuola da precario/a. Infatti, per andare a svolgere concorsi o esami il CCNL prevede un massimo di otto giorni di permessi non retribuiti. Siccome per il concorso servono almeno tre/quattro giorni (prova scritta, estrazione traccia orale, prova orale, prova pratica per le classi di concorso che la prevedono), è evidente che chi è precario/a potrebbe ritrovarsi con tre/quattro giornate di stipendio perso oltre che di interruzione di servizio. Inoltre c’è da aggiungere che per diverse classi di concorso sono previste aggregazioni territoriali quindi è probabile che la prova orale si svolga non solo in un luogo diverso da quello di residenza, ma anche in una regione diversa. Questo vuol dire ulteriori permessi non retribuiti da prendere e ulteriori giornate di stipendio perse. Sebbene il nuovo CCNL 2019/2021 preveda 3 giorni di permesso retribuito per motivi personali anche per chi è precario/a con un contratto al 30 giugno o al 31 agosto, la situazione resta invariata per chi ha una supplenza breve. Per questo abbiamo deciso di lanciare una campagna di sensibilizzazione delle dirigenze scolastiche affinché concedano le ferie anziché i permessi non retribuiti a chi deve assentarsi per partecipare al concorso e crediamo sia necessario continuare a portarla avanti in modo determinato, soprattutto contrastando eventuali casi di rifiuto non motivato.

Tirando le somme

Alla fine dei conti, per chi è precario/a, questo concorso è un salasso: non solo di soldi, a causa dei costi e della logistica, ma anche di energie e di stress, a causa dei pochi posti e delle modalità di svolgimento. Un concorso che rischia seriamente di lasciare senza lavoro e senza tutele chi per tanti anni ha messo a disposizione la propria professionalità per la scuola, nonostante i continui e inammissibili ritardi nei pagamenti degli stipendi, i mesi estivi passati nel limbo della disoccupazione e senza alcuna certezza sulla futura destinazione, affidata com’è alle imprevedibili bizzarrie dell’algoritmo.

Da sottolineare, ancora una volta, la notevole svalutazione del servizio svolto, come se aver contribuito per anni a reggere le sorti della scuola non fosse un merito, ma una specie di colpa.

Con questo concorso, infatti, il Ministero si dimostra nuovamente intenzionato a disperdere tutto il bagaglio di esperienza accumulato da centinaia di migliaia di docenti con contratti a tempo determinato e, soprattutto, si ostina a non voler riconoscere l’importanza sociale di chi ogni giorno entra in classe e svolge un lavoro necessario e indispensabile per garantire il diritto all’istruzione in Italia. Vale a dire, lo ripetiamo, il 25% dell’intero organico.

Com’è possibile che non esista a oggi, in Italia, un percorso di reclutamento che tenga in considerazione un quarto dell’attuale corpo docente della scuola pubblica? Perché, alla fine, nonostante le tre procedure concorsuali (straordinario, ordinario – due volte per le materie STEM – e straordinario-bis) dal 2020 al 2023 i/le docenti precari/e non fanno altro che aumentare? È davvero impossibile creare un canale strutturale che permetta di assumere a tempo indeterminato chi già lavora da anni a scuola?

Sandro Ciarlariello


[1] https://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/dipartimento/20-12-2023/dpcm-15-dicembre-2023-autorizzazione-al-mim-ad-avvio-delle

[2] https://www.orizzontescuola.it/supplenze-raggiunta-quota-234mila-il-55-sul-sostegno-e-quasi-il-31-nel-nord-ovest-47mila-in-lombardia-tutti-i-numeri-e-i-grafici/

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