giovedì, Novembre 21, 2024

12 ottobre, manifestazione nazionale a Roma (corteo da P. Esquilino,ore 15)in difesa della scuola pubblica e per dire basta al precariato

C’è stato un tempo in cui la scuola italiana non era accessibile a tutte/i, in cui il lavoro era considerato una merce e le persone valevano meno delle merci. C’è stato poi, invece, un altro tempo in cui la scuola era finalmente un ambiente che offriva le stesse opportunità a tutte/i, e che, attraverso la mescolanza di persone con le più diverse estrazioni sociali, garantiva non solo al “figlio dell’operaio di diventare dottore”, ma anche di far incontrare dei mondi che, altrimenti, non l’avrebbero fatto.A partire dalla fine degli anni Sessanta, le scuole hanno assolto ad una funzione straordinariamente rilevante, quella di costituire il più importante ascensore socialedel Paese.  E, per qualche decennio, la scuola ha, se non impedito, almeno reso difficile riprodurre le disuguaglianze.

Come siamo giunti dunque, nel giro di pochi lustri, a collocarci, secondo l’ultimo OECD Better Life Index (indice che confronta il benessere dei diversi paesi), al 34° posto su 41 per il livello di istruzione mediodella popolazione, al 31°per il livello di competenze degli studenti, e al 29° su 41 per anni di istruzione? Di certo attraverso tante riforme sbagliate, un costante disinvestimento dei governi nell’istruzione, e la subordinazione della conoscenza alle logiche del mercato neoliberista. Un esempio su tutti sono le condizioni di reclutamento e di lavoro dei precari/e della scuola, diventate, negli ultimi anni, insostenibili. Le vite di centinaia di migliaia di persone sono ogni anno nelle mani di un algoritmo che funziona in modo fallace e ingiusto; i concorsi per stabilizzarli sono una roulette russa, con regole e programmi modificati di volta in volta senza criterio. E con un’ultima, aberrante mostruosità ovvero i nuovi percorsi abilitanti. Attivati alla chetichella e con pochissimi posti disponibili sono il trionfo della diseguaglianza: non solo prevedono disparità di impegno e carico di lavoro (se si sia iscritte/i ad una Università pubblica o privata), ma sono a numero chiuso e con costi decisamente rilevanti; e infine sono obbligatori per chi vince un concorso, al fine di ottenere l’agognato ruolo. Una tassa sulla stabilizzazione, una sorta di “pizzo di Stato”, che discrimina, consentendo l’ottenimento del ruolo non già a chi ha la preparazione e la passione per fare questo lavoro ma a chi si può permettere di pagare per ottenerlo. 

Ed per combattere la deriva verso cui la scuola sta scivolando, saremo protagonisti il 12 ottobre della manifestazione nazionale a Roma (corteo da P. Esquilino/Santa Maria Maggiore, ore 15) promossa su iniziativa di ESP (Educazione senza prezzo). assieme ad altre strutture di precari/e e ad altri sindacati conflittuali della scuola, perché vogliamo difendere e migliorare la scuola pubblica e dire basta al precariato dilagante e permanente. Una manifestazione per dare voce e spazio a molte delle rivendicazioni che stanno animando le lottesenza però perdere di vista l’orizzonte generalequello di lottare per un’istruzione di qualità per tutti/e, per la dignità di chi lavora, per il diritto a un sapere laico, gratuito e di qualità. E poi, perché si tratta del primo tentativo di riunirequello che il sistema politico ha diviso, in particolare il vastissimo mondo del precariato indifeso, che chiede la stabilizzazione del corpo docente, la trasparenza nel sistema di reclutamento contro le assurdità dell’algoritmo delle GPS, per dire basta alla mercificazione dei titoli e alle ingiustizie degli ultimi concorsi

COBAS  SCUOLA

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